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L’amicizia risplende come una provocazione

da “Oreundici” di giugno 2004

Comincio col ricordare l’attributo trasgressore che mi è venuto incontro pensando a Gesù, Gesù il trasgressore. È stata una di quelle scoperte che aiutano a vivere l’amicizia in un movimento che la rinnova. La tragressione fondante è quella di pensare Dio come amico. Anche la parola padre è pronunziata in una inflessione così familiare che la illumina, non come padre-padrone ma padre-tenero-amico. L’icona di Dio è umanizzata in quel padre che getta le braccia al collo del figlio e lo bacia, ripagandosi della lunga angoscia dell’attesa. Una esuberanza di affetto che non doveva essere molto frequente nella società ebraica. Se ripenso a mio nonno, che pure amava i suoi figli, una scena simile avrebbe fatto pensare che fosse ubriaco o che stesse sulla soglia della demenza senile. Difatti il figlio maggiore accusa il padre di non essere più lui, di trasgredire le sue convinzioni sulla giustizia e sull’obbedienza in cui aveva allevato i figli. Gesù trasgredisce abolendo le distanze e collocando le relazioni sulla linea dell’amicizia. Se gli apostoli che sono dichiarati responsabili della continuità, pastori del suo popolo, sono gli amici di Colui che fra poco sarà esaltato perchè di condizione divina, come dovrà essere la loro relazione con il popolo che verrà loro affidato? I racconti delle apparizioni del risorto presentano il tono caldo, dolcissimo, dell’amicizia. Vogliono persuadere: non è cambiato nulla nel nostro rapporto – continuo ad essere il vostro fratello che vi ha lavato i piedi – toccatemi, mettete le vostre mani nei fori del mio corpo – ragazzi, avete qualcosa da mangiare? La relazione instaurata da Gesù, tanto confidenziale da apparire indegna, irrita i responsabili del tempio, li fa sentire impacciati sotto i segni di potere che indossano. Li fa sentire lontani, estranei, differenti da quel padre che si fa tanto piccolo da ricordarsi d’imboccare i passeri del cielo; Gesù ne parla con una tenerezza sconosciuta agli uomini della legge. Questa introduzione è per dirvi che in questo tempo voglio scoprire l’oltre, una parola nuova da offrire agli amici.

La vera amicizia è una relazione assolutamente disinteressata e per questo oggi sempre più rara, costantemente insidiata dall’anticultura politica estesa a tutto l’occidente. A lungo andare, se il progetto di pace americana avanza, l’amicizia sarà sempre più rara perché la pace pare solo possibile quando la società sia formata da gente soddisfatta, materialmente resa incapace di critica, di sognare un mondo diverso, e allora che bisogno c’è di amicizia? Il capitalismo globalizzato sta distruggendo l’immagine del povero di spirito e della povertà che è un valore essenziale del vangelo. Il consumismo caratteristico della società attuale trasforma la povertà in miseria; tanto il povero quanto il ricco sono esseri posseduti dai bisogni che appaiono come bacilli parassitari che si moltiplicano vertiginosamente. La differenza qualitativa degli esseri umani va scomparendo dando luogo al miserabile con denaro che ha la possibilità di soddisfare i desideri che si proiettano su oggetti sempre nuovi e più desiderabili di quelli che già possiede, e al miserabile senza denari che invidia o addirittura odia quelli che possono liberarsi, almeno provvisoriamente, dal morso insopportabile dei bisogni. Nel solo ambito della parrocchia in cui vivo in Brasile, sono avvenuti in uma settimana quattro assalti ad abitazioni di gente di classe media-bassa; le abitazioni dei ricchi sono bunker inespugnabili. Gli autori degli assalti sono poveri che non sopportano il morso di bisogni insoddisfatti.

Il sesso staccato dall’amicizia, si presenta ai giovani come uno di quei panini panciuti che contengono tutto, da consumarsi in piedi rapidamente. Non c’è bisogno del lungo e difficile cammino dell’amicizia per raggiungere il sesso pienificante. Il mondo virtuale esclude la necessità del partner vero di carne che finisce per creare una complicazione. Secondo le informazioni che leggo, non si tratta dell’alternativa al peccato solitario insistentemente demonizzato nel tempo lontano della mia gioventù, ma di simulazioni di unioni sessuali rappresentate in immagini. L’organizzazione dominata dall’idolo-mercato induce a pensare che l’amicizia, fatto affettivo gratuito, oggi richieda uno svincolarsi consapevole dalla società, una redenzione quasi eroica dal modo di vivere comune, e l’adozione di quella povertà evangelica che è rinunzia ai beni innecessari, per acquistare il vero bene veramente beatificante che è l’amicizia. Il mondo attuale è così opposto che indirettamente fa risplendere l’amicizia come una provocazione, una sfida a persone che ascoltano una voce che li invita a non essere come tutti, a distinguersi come esseri capaci di opporsi a tutte le forze che congiurano contro di loro, e acquista oggi un’attualità singolare, non la spiritualità francescana inflazionata, ma il gesto di Francesco che contrappone un modello di fraternità, reduce da una guerra feroce contro i cittadini della vicinissima Perugia. Impossibile essere fratelli pacifici senza essere poveri. Il vangelo, non attraverso una lettura, ma nel calore di una voce, gli trasmette questo assioma: l’amore fraterno come sinonimo di pace non è possibile senza la povertà. La povertà senza amicizia può diventare un ideale ascetico, causa di quell’orgoglio farisaico denunziato continuamente nel vangelo. I versi del Paradiso dantesco celebrano questo intreccio fra povertà ed amicizia, vera e unica opposizione ai conflitti del tempo:

La lor concordia e i lor lieti sembianti

amore e meraviglia e dolce sguardo

faceano esser cagion di pensier santi.

O ignota ricchezza, o bem ferace

scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro

retro allo sposo sì la sposa piace ( Par. 11).

Nella città fra le più belle del mondo, antica capitale del Brasile, l’ispirazione francescana ha convocato persone della classe alta, laureati e laureate, a lasciare tutto per vivere del puro necessario, senza riserve di denaro e di beni. Sfidati dai conflitti che presentano Rio de Janeiro come una delle città più violente del mondo, hanno pensato che non sarà la polizia, sempre più armata di funzionari e di mezzi, a fermare questa violenza, ma solo un modello di pace e di amicizia unicamente possibile fra poveri. Così come Egidio e Silvestro, si sono fatti poveri per fare comunità col figlio del ricco Bernardone. Il vangelo ci presenta rapporti binari assoluti e irrefutabili, come la relazione fra povertà – liberazione da ogni angoscia del domani – e fede, come fiducia-abbandono-scoperta di un padre tenerissimo; fra amicizia e povertà. Il capitolo VI di Matteo ne dà testimonianza in una luminosa contemplazione attribuita a Gesù. Un ricco che ha assicurato il suo domani ai molti beni può avere la fede razionale del Credo, ma non la fiducia del bambino che riposa nella tenerezza di Dio, quella che Lutero definisce fides fiducialis.

Il peccato originale dei gruppi religiosi trasmesso dalla madre-chiesa cattolica è quello di pensarsi fuori della storia, come una struttura efficace al servizio dei poveri africani, asiatici o canadesi. Nonostante che Gesù abbia ammonito in uno dei suoi discorsi píù vivaci, di stare attenti ai segni dei tempi. Nonostante che un concilio convocato nella modernità abbia proposto un modello di chiesa adatto ai tempi, oggi questo concilio non è stato preso in considerazione. La verginità e la verità, presentate come le due luci della chiesa per illuminare il mondo, sono ancora valide. Ma il modello francescano che ha guidato laici a formare la comunità di Rio, è l’unico che abbia una forza contundente storicamente opposta al vomito consumista. Unica alternativa perchè ogni abitante della terra possa essere un costruttore responsabile della polis, dove ciascuno abbia il diritto e il dovere della parola. Le comunità religiose, tradite da necessità vere o presunte, sono diventate ricche e potenti, amiche di quelli che contano, ma perfettamente inutili alle angosciose attese dell’umanità. Lo sanno e lo sentono, e spesso si incontrano per molto parlare e nulla cambiare. La tecnica ha trasferito la persona desiderosa di sapere, dal tavolo di lettura allo schermo dell’immagine, dalla curiosità di sapere, alla curiosità di vedere. Non troviamo nel vangelo, ripetuto, questo appello al vedere? Che vedano come vi amate, che vedano le opere a cui vi dedicate. La curiosità stimolata dai video può trasmettere quello stato di attesa di cui parla il filosofo Cacciari. Solo la follia di persone che abbandonano posizioni invidiabili e tutte le comodità del vivere, possono indurre a sperare che l’attesa sarà soddisfatta. Lévinas profeticamente ha indicato che solo il volto rigato di sangue può disincagliare il pensiero umano selvaggiamente ferito dall’attacco di tutti gli strumenti mediatici. Nel discorso delle beatitudini, chi vuol vivere una vita non parassitaria e inutile, e conseguentemente complice dei molti mali della terra, trova un intreccio antropologico straordinariamente attuale: il povero è misericordioso, è costruttore di pace, è tenero, quindi capace di vera amicizia, non ha fame di soldi ma solo di giustizia, non è arrogante, ma accetta la sofferenza della persecuzione di cui è bersaglio il discepolo fedele alle tracce marcate nel discorso. Oggi non è storicamente valida la fuga mundi, ma uno stare nel mondo opponendosi coraggiosamente alle proposte del mondo, non con le parole ma con la vita. E su questo sfondo viene da chiedersi: i modelli di vita religiosa presenti nel tempo, sono validi?