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Paura e profezia

da “Oreundici” di aprile 2004

Siamo al mondo per realizzare la parte di creazione in cui si sviluppa la nostra libertà

La storia è l’ipotesi della fede, l’ipotesi del dialogo aperto fra Dio e l’umanità; il luogo che conserva la radice del grido che decide Dio a svegliarsi: Chi è che grida? – Perché grida? Al Dio destato le risposte dell’uomo sono diverse: Aiutami perché non ce la faccio, mi hai gettato nel mondo e ora assumiti la responsabilità della mia vita. – Non sono io che ho gridato, sono i bambini che non riescono a prendere sonno, scusa il disturbo – Hai bisogno di qualcosa? Sono ricco e ti posso offrire molte cose, dimmi che ti manca – La nostra convivenza è in crisi, ma tu non ci puoi far nulla. – Stiamo preparando dei progetti, abbiamo organizzato una serie di congressi, sono convocati i più rinomati esperti, poi ti diremo che cosa puoi fare per noi, torna a dormire – Qual è il tuo sito? Può darsi che un giorno ti cerchiamo. Così le sintetizza Cacciari:”Gli uomini superiori abbandonano e rinunciano. Ma attendono? E che cosa?… che l’ultimo uomo non sia l’Ultimo. Nel vostro stesso silenzio fate cenno a possibili non-nati. Ma, appunto, il vostro silenzio mai può tradirne la figura, il carattere – mai potrà dire come essi possano esistensificarsi” .

C’è anche un piccolo resto che sa Egli scenderà silenziosamente, occorre attenderlo ma non bisogna preoccuparsi dell’alloggio perché non poserà mai il suo corpo in un luogo, solo cammina, entra dove trova una porta aperta, si siede alla mensa, spezza il pane, si alza e se ne va. Prima di partire fa un cenno, non dà nessun appuntamento, se volete, seguitemi. Ma col suo stile di vita produce il modello dell’essere-al mondo dell’uomo, che è trascendenza e trasgressione. Dice Bauman: “Nell’equivalente contemporaneo delle utopie solido-moderne, la felicità è legata alla mobilità, non a un luogo”. Ma che cos’è la felicità? Trovare se stessi in relazione; il raggiungimento della felicità coincide con il compimento della propria individualità. Il bene individuale, poi, coincide con il bene collettivo ed è assolutamente inseparabile da esso. Trovare se stessi in relazione è vivere con responsabilità le relazioni in modo che l’essere si dispieghi in tutte le dimensioni, è questo il nostro compito, siamo al mondo per realizzare la parte di creazione in cui si sviluppa la nostra libertà. Viene in mente l’apologo rabbinico: la colomba si presenta a Dio e prima lo ringrazia perché l’ha fatta simbolo di pace, poi si lamenta: “le mie gambe sono corte e deboli e il gatto mi raggiunge facilmente e mi uccide. Allora Dio le mette le ali, ma poco dopo la colomba torna a lamentarsi di star peggio di prima perché le ali hanno reso il corpo più pesante e la corsa è più impacciata di prima. Ma Dio sorride: “Ti ho dato le ali per volare e non per caricarle.” Questo è un apologo della legge, ma potrebbe dirci che noi dobbiamo vivere con pienezza e con verità tutte le relazioni. L’uomo Gesù entra in un mondo religioso fra esseri che portano le ali chiuse e afflosciate sul dorso, camminando lentamente uno accanto all’altro, urtandosi infastiditi, non conoscendo il punto cui veramente sono diretti. Raggiungono il tempio che le loro scritture hanno indicato come luogo di incontro con Dio; ma pare che Dio manchi all’appuntamento. E per non annoiarsi cercano di riempire il vuoto con qualcosa che sia soggetta a un cambio come il denaro e così peggiorano la relazione con i propri simili. Il Figlio dell’uomo appare in questo mondo come il Salvatore e il suo metodo è la trasgressione: Salvatore perché trasgressore. La visita violenta al tempio è un simbolo

esteriore, al quale i rappresentanti del potere possono facilmente opporre resistenza arrestando il ribelle, ma la trasgressione va oltre, è più radicale. Il tempio non è più la sola e vera casa di Dio, la vera e unica abitazione di Dio è l’uomo. Dio è Spirito e l’uomo deve solo accoglierlo: questa è la sua fondamentale relazione. Non sappiamo bene se l’assalto ai mercanti del tempio sia avvenuto all’inizio della vita pubblica o alla fine, quando ormai era allo scoperto e sapeva bene quale sarebbe stato l’epilogo; tutto fa pensare che la seconda ipotesi sia la più probabile. Il vangelo di Giovanni ci parla di parecchi scontri avvenuti nel tempio, perché la comunità giovannea ha fra i suoi principali oppositori, il personale del tempio. I responsabili principali della condanna a morte del trasgressore sono sempre indicati come i sommi sacerdoti.

La trasgressione di Gesù è il risultato dello svolgimento di un programma di liberazione dell’uomo. La schiavitù si presenta a Gesù come l’impedimento a ché la persona umana possa raggiungere la sua vita reale cioè dispiegare tutte le sue potenzialità. Gesù non è propriamente un guru perché il suo intento non è esplicitamente religioso, anche se tiene molto a svelare la presenza del Padre; ma dal suo agire appare chiaro che la pienezza della vita, il raggiungimento finale di tutte le potenzialità racchiuse nell’uomo, l’Adamo, è la vera lode di Dio, la vera autentica liturgia, l’espressione visibile del potere creativo di Dio. La gloria di Dio è l’uomo vivente (Sant’Ireneo). Tutti i salmi sono un inno alla vita, che si fa gemito quando la vita è stretta da un cerchio di filo spinato che arresta il suo pieno sviluppo. Gesù cammina e si imbatte continuamente con questa schiavitù rappresentate dalle varie infermità fisiche dell’uomo, dalle possessioni demoniache dell’uomo che Freud definisce pulsioni, dal sesso, la droga, da tutte le inibizioni che portiamo dall’infanzia, e anche da tutti i danni prodotti dall’ambiente e dalla relazione violenta dell’uomo sull’altro uomo.

Il cristianesimo cattolico ha ufficialmente accolto il senso profondo dell’essere Gesù: liberatore dell’uomo e di tutto l’uomo. C’era bisogno di dire tutto l’uomo perché la nostra concezione antropologica dell’uomo, è fondamentalmente dualistica: anima e corpo, spirito e materia; per un ebreo la specificazione è superflua. Questo dualismo ha pesato e pesa tragicamente sul cristianesimo occidentale. Solo qui nell’occidente potevano avvenire le successive divisioni della persona umana: tutte le avventure del corpo separato, quelle filosofiche, economiche, del sesso e ultimamente tecnologiche come la clonazione. E, non meno gravi, le avventure dell’anima, orientate da persone religiose ritenute credibili, verso avventure spirituali che hanno prodotto squilibri di cui ogni essere umano nato e cresciuto in occidente potrebbe produrre prove abbondanti. Sarebbe ora di ricomporre l’uomo, perché senza questa ricomposizione, l’occidente continuerà a produrre modelli sociali deformati. E questo vale per la società politica e la società religiosa. La Chiesa ha una responsabilità maggiore perché, nell’epoca definita modernità, lo Spirito che guida la Chiesa ha mostrato con assoluta chiarezza il modello dell’uomo totale. Da questo modello si poteva avviare un discorso che avrebbe potuto aiutare molti a scoprire la loro dimensione integrale. Il filosofo francese Jacques Maritain, circa mezzo secolo fa, vide chiaramente che il cristianesimo poteva essere un orientamento per raggiungere l’uomo integrale. “Umanesimo integrale” non ebbe fortuna e lo stesso autore ebbe paura del suo contenuto rivoluzionario. Noi oggi siamo qui a chiedere allo Spirito che mandi un soffio di vita su queste ossa perché possano ricomporre l’uomo reale.

Il vangelo, come narrazione della vita di Gesù, offre argomenti per pensare questa qualità dell’uomo adulto che interessa pensatori attuali come Bauman e Cacciari: Gesù liberatore di tutto l’uomo perché trasgressore. Per noi che viviamo alla ricerca di uniformità, e usiamo il metodo di sradicare la facoltà critica che è propria dell’uomo adulto e maturo, la parola trasgressione può essere redenta dal suo senso peggiorativo di rivolta, di rifiuto aprioristico di quanto viene proposto. Questa trasgressione conduce al rifiuto di assoggettamento dell’altro a schiavo, come vuole il progetto globalizzazione. Questo progetto vuole cancellare totalmente il senso della polis, dell’agorá come luogo di incontro e di scontro dove si creava l’identità del cittadino. Il modello umano di questa ultima fase del capitalismo selvaggio è quello di spettatore e consumatore che segna la morte dell’umano reale. L’aver privilegiato in Gesù l’attributo di redentore e l’aver affidato ai teologi la discussione su questo titolo, ha portato al risultato di togliere Gesù dalla strada della trasgressione, per farne una vittima, collocandolo nella categoria dei sacrifici di ogni tempo e di ogni religione, pur dichiarando che Gesù ha soppresso i sacrifici. Gesù sarebbe apparso nella storia dell’umanità per versare gocce di sangue e ottenere dal Padre il perdono del peccato. Oggi sono i laici che vogliono riportare Gesù sulla strada, ed è un fatto nuovo di fronte al tentativo assai vecchio e abituale di dichiarare Gesù interamente uomo. E per questo tentativo l’uomo Gesù è stato spesso identificato con un modello ideologico: Gesù socialista, Gesù rivoluzionario, Gesù anarchico.

Oggi Gesù è semplicemente il trasgressore, cioè modello di quell’umano che rifiuta la sofferenza ingiusta che un uomo mette sulle spalle di un essere simile a lui: è il trasgressore delle tradizioni degli antichi create per farsi beffa dell’amore, il trasgressore del culto che serve a ricoprire sotto lo spettacolo della solennità le ingiustizie che uccidono il povero. Gesù dichiara osceno il tempio, nascondiglio di ladri, luogo dove non solo i capitali vengono imbiancati ma addirittura sacralizzati. Ed è per questo che Gesù viene messo in croce, non per mettere nelle mani dei sacerdoti un agnello sgozzato in redenzione dell’uomo peccatore. Gesù vittima innocente ma non inconsapevole, vittima di quel progetto di liberazione dell’uomo che durerà quanto la storia. In Gesù questa trasgressione avvenuta nel tempo è liberata dal tempo e quindi dalla durata delle ideologie, dall’infedeltà dell’uomo, dalla sua fragilità, dalla sua paura di andare fino in fondo. Perché per Gesù queste trasgressioni che avvengono nel tempo, sono episodi di quella persecuzione amorosa del Padre che non può permettere che la crudeltà dell’uomo contro se stesso arrivi a cancellarlo per sempre dalla faccia della terra. Così la trasgressione è allo stesso tempo trascendenza. A noi cristiani credenti è offerta un’opportunità storica gravida di conseguenze, quella di cogliere il senso attuale dell’universalità di Gesù che non può essere solo quello teologico-religioso. Lo hanno dimostrato le convocazioni che Giovanni Paolo II ha rivolto ai capi religiosi del mondo. Se questi avessero intuito di servire alla proclamazione di una verità di fede unica e superiore a tutte le altre credenze, non si sarebbero mossi dalle loro sedi oppure sarebbero accorsi ad Assisi con un’intenzione belligerante: finalmente avremo occasione di dire al Vescovo di Roma che rinunzi a sentirsi il capo religioso dell’umanità e a proclamare una religione unica e universale. Sapevano di essere chiamati per una dichiarazione di pace che è un valore universale e urgentemente necessario. Sarebbe difficile dire se tutti i convenuti, o almeno alcuni di loro, conoscessero e soprattutto accettassero le ragioni o le non ragioni sulle quali il povero predicatore di Nazaret ha collocato le fondamenta della pace. Sono le prerogative che oggi i pensatori che si dichiarano non credenti scoprono dopo la rinunzia degli “uomini superiori” (Cacciari).

Cercando una energia che rivitalizzi la società umana per una ripresa storica, si scopre l’anti-potere di cui indiscutibilmente il soggetto unico nella storia è Gesù. Per non parere astratto quando parlo di una ricerca su Gesù da parte di pensatori laici, trovo in Cacciari, anche se in altro contesto, questa traccia della personalità unica del Figlio dell’Uomo di Nazareth: “Ogni techné politiké incontra lo scandalo dell’assolutamente im-politico, una figura che non avanza alcuna pretesa di potere – infinitamente più: che ne mina per sua stessa natura il fondamento, rifiutando l’idea stessa di poter essere persuasa, convinta”. Per ironia della sorte o per altra ragione da accettare umilmente e silenziosamente questo soggetto dell’antipotere, tanto potente da sfidare l’umanità di tutti i tempi, così stabilito all’ultimo posto che non gli sarà mai tolto, è diventato il centro della religione più razionalizzata dell’umanità. E la sua estrema povertà viene presentata sotto i segni che gli uomini hanno inventato per imporsi sugli altri e fare degli altri delle schiene che si piegano al loro passaggio. Vorrei tornare a una espressione che potrebbe apparire puramente retorica e per me coglie un senso che va oltre quello di una parola caduta quasi per caso nel nostro linguaggio colto. Voglio alludere all’attualità della kenosis, dello svuotamento della persona di Gesù che sceglie l’ultimo posto fino alla morte come schiavo. Perché considerare questa una forza storica più valida oggi di ieri? Perché il potere, l’avversario di oggi non è nella forza della ragione, non è in quella che Cacciari chiama peitarchia, forza della persuasione, ma è nel potere del denaro. Non è mai esistito nella storia un potere tanto rozzo, tanto primitivo come quello della globalizzazione. Contro questo non vale la parola ma solo questo ritirarsi nel nulla, portando in questo nulla la misteriosa forza dell’Essere.

Non so se il presidente degli Stati Uniti era cosciente di rappresentare l’uomo della clava, che emerge nel neolitico, quando presentava il suo impero nell’immagine di guerra infinita. Contro questa forza bruta, questo buio a mezzogiorno, vale solo la rinunzia totale, quella non-resistenza poeticamente descritta dal profeta Isaia:

Ho presentato il dorso ai flagellatori,

la guancia a coloro che mi strappavano la barba:

non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.

Il Signore Dio mi assiste,

per questo non resto confuso,

per questo rendo la mia faccia dura come pietra,

sapendo di non restare deluso. (Isaia 50, 6-7)

La trasgressione di Gesù che sceglie i poveri e scopre quella povertà risultato della violenza fa luce su un tipo di solidarietà che diventa neccessariamente politica, che è scontro con i poteri, che scalza i poteri dalle fondamenta. Non è una realizzazione storica di utopie o progetti politici pensati da lontano, dal di fuori della storia, ma conseguenza dell’aver assunto la povertà reale, la situazione concreta del povero. Bisognava che avvenisse il silenzio degli “uomini superiori”, loro sanno in quale senso ancora cercare, questo sì, nel loro viaggio, i grandi anelanti, gli uomini della grande nausea possono indicarlo. In quale direzione andare cercando chi potrà resistere al planetario dominio dell’ultimo uomo – in ciò consiste la loro debole forza messianica. (Cacciari). Ed è proprio questa ricerca che fa di Gesù di Nazaret il modello universale, la pace infinita, la giustizia infinita. E l’anticristo si rivela come guerra infinita.