Qual è il nostro personale rapporto con la vita?
Fa o Signore che quando la morte arriva, mi trovi vivo. Questa preghiera attribuita all’illustre psicoanalista inglese, Winnicott, mi ha sempre interrogato e tormentato. La Vita, il grande bene che al momento della nascita ci viene consegnato, lo accogliamo e realizziamo nella sua completezza con molta difficoltà. Meccanismi inconsapevoli ne intralciano quotidianamente la piena realizzazione. Come scoprire le dinamiche negative e soprattutto come liberare in ognuno di noi la passione per vivere? Il termine “passione” ha molti significati. Due in particolare. Passione come sofferenza e passione come forte interesse, trasporto per qualcosa, intensità di sentimento (dizionario Treccani). Il momento storico che stiamo attraversando è un tempo di passione fatto di sofferenza, di incertezza, di fatica, di dubbio, ma è forse anche un’opportunità per far emergere dalla nostra interiorità, la passione come forza che sostiene il senso del nostro vivere e incarna, dà corpo, concretezza alla spinta vitale del nostro Desiderio. Per questo, nel prossimo convegno di Trevi vogliamo coniugare il termine “passione” a quello della “tenerezza”, per essere vivi in questo nostro tempo. Abbiamo dedicato il presente numero del periodico alla passione per la vita. La vita, questo termine che torna spesso nei nostri discorsi, assume un significato particolare quando fa riferimento all’esperienza personale che ognuno ha della propria esistenza. L’esperienza del vivere ci accompagna dal primo momento della nostra nascita. Eppure possiamo considerarci appassionati della vita? Qual è la qualità della vita che io vivo? Posso dichiararmi innamorato della vita oppure mi trascino da un impegno all’altro rimandando al domani una vita migliore? Siamo spesso troppo distratti dalle preoccupazioni quotidiane per poterci soffermare e dare una risposta a queste domande. L’errore di cui tutti siamo schiavi è quello di ripensare al passato o proiettarci nel futuro perdendoci l’oggi con tutta la sua complessità e ricchezza. Il passato oramai non ci appartiene. Il domani con la sua imprevedibilità non è scontato. L’unica area della quale possiamo disporre è quella del momento che viviamo, ma purtroppo normalmente la trascuriamo. L’affermazione di Gesù Sono venuto a portarvi la Vita e la Vita in abbondanza (Giov. 10,10) dovrebbe essere come una musica di fondo che ci accompagna nella nostra giornata. Lo stesso Gesù ci ha offerto una splendida immagine quando ci ha parlato del granellino di senape. Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra» (Marco 4,30-32). Questo brano è metafora di cosa sia la vita. Il granellino di senape se non cade in terra, muore perché non potrà mai esprimere la vita che porta dentro. Il granellino muore se sta incapsulato nella sua pellicola, se non esce dalla sua difesa perdendo la sua forza vitale. Muore perché non si apre. Come il granellino, se non si abbandona alla terra, se non permette che la vita irrompa, è destinato a morire, così è per noi. Noi dovremmo essere così affascinati della vita, così sensibili e attenti da aprirci con passione al dono di noi stessi. Se nel piccolo seme avvengono processi di morte-vita silenziosi e stupendi, dentro di noi che siamo di una complessità centuplicata dalla consapevolezza di essere vivi, quale potenza di vita si nasconde?
In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna ed è passato dalla morte alla vita(Giov. 5-24) ci dice Gesù. Noi la interpretiamo normalmente in un’ottica temporale, in realtà possiamo definirla anche in termini di intensità. È tale la qualità di pienezza di vita che noi possiamo sperimentare per cui nessuno ci potrà mai togliere l’ esperienza unica e indicibile che abbiamo vissuto. Una volta sperimentata la pienezza della vita, nessuno potrà mai togliercela, in eterno. È nostro dovere riappropriarci dell’essenza dell’esistere, ascoltando il “desiderio” che si incarna nella passione del vivere. E’ il miracolo della risurrezione di Gesù che si perpetua in ognuno di noi nel tempo. Gli apostoli, pieni di paura, sono stati trasformati dall’esperienza di morte e di vita vissuta con Gesù. La vita non si trasmette con le parole ma per contagio. È la passione per la vita dell’altro che ci dà vita. E allora.. che dire della vita? Potremmo parlarne a lungo ma dobbiamo sperimentarla. Sono tanti i frammenti di vita che ogni giorno ci passano tre mani. Nostro compito è renderli consapevoli e farne quotidianamente una sintesi dentro di noi. Poter dire “io vivo, la vita mi appartiene in ogni circostanza dell’esistere”, fa di tutto il resto un dettaglio.
Don Mario De Maio
(da “Oreundici” di giugno 2012)