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Complessità

Noi siamo educati a una iper-semplificazione, che scarta tutto ciò che non rientra nello schema della riduzione, del determinismo, della decontestualizzazione», afferma il filosofo e sociologo francese Edgar Morin, ne La sfida della complessità (edizioni Le Lettere, 2017). Se così è, la sfida che abbiamo di fronte è quella della complessità. «In molteplici ambiti – prosegue Morin – l’intelligenza parcellare, compartimentata, meccanicista, disgiuntiva, riduzionista spezza la complessità del mondo in frammenti disgiunti, fraziona i problemi, separa ciò che è collegato».
La sfida è quella di riconoscere la trama che intesse la complessità del reale, in cui ogni cosa è collegata e non separata. Ed è una sfida che incontra delle resistenze, come già Tocqueville aveva constatato: «Un’idea semplice, ma falsa, avrà sempre più peso nel mondo di un’idea vera, ma complessa».
Secondo Morin, il sapere appiattito e riduzionistico della società attuale richiede una “riforma del pensiero”, ovvero l’esigenza di una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi presenti nella nostra epoca. Egli dedica grandi speculazioni sulla possibilità di “educare gli educatori” a un pensiero della complessità. In particolare, secondo Morin, il sapere ha bisogno di una organizzazione che gli dia senso: occorre un collegamento tra saperi e cultura, un metodo che «contenga in sé il senso dell’irriducibile legame di ogni cosa con ogni cosa». Richiamando una frase di Michel de Montaigne, egli afferma che «è meglio una testa ben fatta che una testa ben piena», distingue cioè tra «una testa nella quale il sapere è accumulato e non dispone di un principio di selezione e di organizzazione che gli dia senso» e una testa che abbia un’attitudine generale a porre, organizzare e collegare i problemi e dare senso al sapere.
Nella teorizzazione di Morin, il pensiero deve stabilire frontiere e traversarle, aprire concetti e chiuderli, andare dal tutto alle parti e dalle parti al tutto, dubitare e credere, deve rifiutare e combattere la contraddizione ma, nello stesso tempo, deve farsene carico e nutrimento. Il pensiero è un dinamismo dialogico ininterrotto, senza il quale non si ha neppure soggetto e oggetto di conoscenza: non si ha più né utilità interna di conoscere né realtà esterna da conoscere.

Brani tratti da Epistemologia della complessità. Edgar Morin, di Pasquale Martucci