Dal vangelo secondo Giovanni 6, 37-40
In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.
Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
OMELIA di don Carlo Molari
E’ una grazia saper fare memoria, perché ci consente di valorizzare i doni che abbiamo ricevuto. Per questo facciamo memoria dei nostri defunti nell’eucarestia, che è un rendimento di grazie. E la memoria ha come primo scopo la valorizzazione dei doni, che è l’espressione più chiara del ringraziamento. Il ringraziamento non consiste in parole per celebrare il dono, il ringraziamento consiste nell’accoglienza e nello sviluppo del dono ricevuto.
Il recupero del passato.
La prima ragione della memoria dei nostri cari è appunto questa, perché essi hanno strutturato la nostra persona, sono una presenza in noi. Non sono più qui in mezzo a noi sulla terra, ma noi siamo la loro presenza. Le scienze umane oggi hanno messo in luce in modo molto chiaro l’importanza che hanno i rapporti, soprattutto poi i rapporti fondamentali con le persone che ci sono state accanto all’inizio della nostra vita; che fossero i nostri genitori o altro questo è secondario, l’importante è che le persone che ci sono state accanto sono diventate struttura della nostra vita, presenze: noi li abbiamo interiorizzati come componenti essenziali della nostra persona. Ora, fare memoria significa rintracciare queste radici remote della nostra vita, che portiamo sempre con noi, individuarle nella loro ricchezza e quindi valorizzarle. La memoria serve precisamente a valorizzarle, perché ciò che noi non ricordiamo o rimuoviamo dalla nostra persona resta un peso, i doni che non valorizziamo diventano un peso, quindi ambiti negativi oscuri della nostra persona. La memoria rende luminoso il nostro passato.
Quindi il ricordo dei nostri cari è un modo per vivere pienamente, per recuperare pienamente il nostro passato: per gli aspetti positivi, ma anche per gli aspetti negativi.
Per gli aspetti positivi, perché così siamo in grado di valorizzarli, cioè appartengono a quell’identità di cui ieri parlavamo. Ieri dicevamo che era importante interrogarsi: qual è la forma che la vita vuole assumere in noi, quale compito ci ha affidato, ci sta affidando? Sono diversi, ma tra quei diversi ce n’è uno che dobbiamo scegliere, che dobbiamo portare avanti. Ecco, uno dei modi più efficaci per questa scelta è rintracciare le radici, riandare al nostro passato. Questo è il primo scopo fondamentale della memoria dei nostri cari, che poi è un modo di dare valore al loro amore, alla loro sofferenza, di dare un significato alla loro vita. In fondo i nostri genitori, i nostri nonni, le persone che ci hanno aiutato nel nostro cammino ci hanno consegnato dei doni di vita che erano la ragione del loro impegno, della loro fatica, della loro esistenza e noi, trascurandoli rendiamo vana la loro fatica, ma sviluppandoli diamo valore alla loro esistenza. Per cui noi siamo in grado di dare un significato nuovo alla vita di coloro che ci hanno preceduto. Questo per l’aspetto positivo.
Ma poi c’è l’aspetto negativo, cioè quei momenti che non abbiamo vissuto, le resistenze che abbiamo avuto. Ciascuno di noi ha nella propria storia dei momenti negativi. Ora, il ricordo serve a rendere luminosi anche questi momenti. E’ una forma di redenzione del passato; possiamo anche dire: di purificazione della memoria. Ma efficace e importante per noi, perché, come prima dicevo, ogni dono non valorizzato diventa un peso, ogni momento non redento ce lo trasciniamo dietro con difficoltà, pesa nella nostra vita, resta oscuro.
Per questo è importante anche fare memoria dei momenti negativi della nostra vita, quelli che sono dipesi da noi e quelli che sono dipesi dagli altri.
Quelli che sono dipesi da noi per redimerli, cioè per accogliere oggi quel dono che in quei momenti non abbiamo accolto: Infatti quei doni che il Signore ci offriva attraverso quelle persone restano ancora a nostra disposizione, perché il Signore non ci ricatta, non nega il dono che ci è necessario, continua ad offrircelo; ma ce lo offre attraverso la memoria redentiva di quegli spazi, di quei momenti, di quelle relazioni non vissute bene, di quelle infedeltà, di quei tradimenti e così via.
Per questo è una grazia ricordare anche i momenti negativi che sono dipesi da noi.
Ma anche i momenti negativi che sono dipesi dagli altri sono da recuperare. Perché non sempre i rapporti fluiscono come una ricchezza di vita, ci possono essere rapporti che segnano nella sofferenza. Anche quei momenti sono da recuperare: nella misericordia, esercitando compassione. Per cui la memoria redentiva diventa esercizio di misericordia. E tutto questo nell’orizzonte della fede: come noi accogliamo i doni da parte degli altri come doni di Dio, così esercitiamo misericordia nei confronti dei nostri fratelli in nome di Dio, cioè esprimiamo la misericordia di Dio nei loro confronti.
Questo è poi il ‘suffragio’ di cui parliamo nell’ambito della liturgia: è un suffragio che noi esercitiamo, ma in nome di Dio, nel senso che ci apriamo alla forza della misericordia di Dio, la esprimiamo, crescendo noi e redimendo quel passato, dando un significato nuovo a quella situazione. Per cui quella situazione che era negativa diventa in noi positiva, redimiamo la vita dei nostri cari in questo modo, diamo un significato nuovo a quella situazione, ed è un significato positivo, redentivo, salvifico.
Che influsso questo abbia nella condizione dei nostri cari, questo non lo sappiamo, però non è escluso che abbia un rapporto positivo, perché in noi diventa positivo. Però noi non conosciamo la forma della vita futura, per cui non siamo in grado di immaginare quali sono le dinamiche che ora viviamo. Non lo possiamo sapere, non lo possiamo descrivere: importante è che il rapporto esiste, perché la vita è una sola e l’amore di Dio è un amore che avvolge tutti.
Questo è il primo aspetto fondamentale di fare memoria, di redimere il nostro passato, di recuperare la nostra storia, sia per l’aspetto positivo che negativo.
Far fiorire le tensioni vitali dei nostri cari defunti.
Ma c’è un’altra funzione della preghiera per i nostri cari ed è una funzione che riguarda direttamente la nostra crescita personale, la nostra esistenza attuale: è quella di sviluppare, di far crescere, le intenzioni di vita, le tensioni vitali che i nostri cari avevano vissuto, le speranze che avevano alimentato, i progetti… Soprattutto per le persone che sono morte prematuramente, ma anche per quelle che sono giunte alla fine, perché molte volte è proprio al termine di una lunga vita, al compimento, che le speranze acquistano una loro fisionomia ben chiara. Allora si vede molto bene quali erano i progetti che potevano essere realizzati, quali erano invece le illusioni che erano state inseguite. E chi ha accompagnato negli ultimi anni i propri genitori o i propri nonni o persone che erano care ha colto questa componente dell’ultima fase della vita, che diventa in alcuni rammarico per ciò che non si è vissuto, in altri diventa riconoscimento delle realizzazioni della propria vita, ma che appaiono insufficienti, del tanto che si poteva ancora fare, ma che viene consegnato ai figli, ai nipoti, agli amici, alle persone che stanno accanto. Viene consegnato come eredità spirituale.
Allora fare memoria significa raccogliere questa eredità, rinnovare il proprio impegno. E’ un altro modo per dare valore alla vita di coloro che ci hanno preceduto, ma è un modo anche per dare un senso alla storia che stiamo vivendo, perché non decada. Perché è chiaro che se mancano questi riferimenti ai doni reali di vita che circolano nelle comunità, nelle famiglie, nella società intera, se mancano questi riferimenti la vita decade, perché le illusioni si moltiplicano. Isolandoci dal nostro passato cadiamo facilmente nelle illusioni, nelle idolatrie e non siamo in grado di individuarle se non al momento della morte. Se invece ci richiamiamo al passato abbiamo già i criteri per individuarle ora, le nostre idolatrie, per scoprirle già nella nostra vita. Per cui il ricordo dei nostri cari diventa un orientamento di vita.
E tutto questo lo facciamo nella preghiera, perché è uno scambio dei doni che vengono da Dio ed è quindi una valorizzazione dell’amore di Dio per noi. Per questo celebriamo l’eucarestia, cioè un sacramento di gratitudine al Signore, di ringraziamento per i molti doni che abbiamo ricevuto.
Facciamo della nostra eucaristia di oggi un’espressione sincera e vera della nostra vita, in modo che non rappresenti solo un gesto esteriore, un semplice pensiero che vaga per un po’ di tempo nella nostra mente, ma che non lascia segni di vita per il nostro futuro.
Omelia è del 2 novembre 2003.