
di Chems-Eddine Hafiz in “Le Monde” del 23 aprile 2025 (traduzione: www.finesettimana.org)
Il rettore della Grande Moschea di Parigi rende omaggio al defunto Papa, che lo ha ricevuto a Roma a febbraio. Il leader musulmano elogia in particolare la fede di Francesco nella fraternità interreligiosa.
La mattina del 10 febbraio ho varcato le porte della residenza Santa Marta, dove Papa Francesco, sofferente, preferisce ricevere i suoi ospiti. Ho avuto il privilegio di essere ricevuto per la seconda volta dal Santo Padre. Anche se stanco, non ha perso nulla della sua aura. Né del suo sguardo che, prima di pronunciare le parole, coglie le profondità dei suoi interlocutori e vede al loro interno, al di là delle loro stesse aspettative.
Sono accompagnato dai membri del Consiglio di coordinamento europeo dell’Ammale (Alleanza delle moschee, associazioni e leader musulmani in Europa), un nuovo organismo creato su mia iniziativa per riunire i rappresentanti musulmani di oltre 20 Paesi del continente. Siamo andati umilmente a sottoporgli l’idea di un incontro annuale per la fratellanza tra cristiani e musulmani in Europa, che proponiamo di organizzare a Parigi nel 2025 sotto l’egida di Sant’Agostino, figura di convergenza tra le terre d’Oriente e d’Occidente, nello spirito degli incontri interreligiosi di Assisi (Italia) iniziati nel 1986.
Il Papa ha ascoltato con attenzione, accogliendo la proposta con gravità, benevolenza ed entusiasmo. Ha immediatamente compreso il significato di un simile evento e ha incaricato il Dicastero per il dialogo interreligioso di farsi carico del progetto. Il fatto che Papa Francesco fosse favorevole a tale proposta non sorprenderà chi ha seguito da vicino il suo pensiero e i suoi impegni. Con lui, la Chiesa cattolica ha rimesso al centro l’amore per il prossimo. Ha instancabilmente chiesto di aiutare i più vulnerabili, di esprimere la fede nell’umanesimo, di salvaguardare la nostra Terra Madre. E invitato al dialogo tra le religioni.
Convivenza fraternaNel 1965, la Chiesa cattolica ha ridefinito la tolleranza tra i credenti. Nella dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Vaticano II si discerneva un mondo “in cui il genere umano diventa di giorno in giorno più strettamente unito”. Questa aspirazione è diventata una tradizione e, mezzo secolo dopo, Francesco vi ha dato nuova vita. Nel 2020, la sua enciclica Fratelli tutti ha trasformato l’ideale del “siamo tutti fratelli” in un imperativo spirituale e morale. La fraternità dei credenti in Dio, e di tutti gli uomini, offre loro la possibilità di riconoscersi come membri di una stessa famiglia di fede e di valori profondi. Questa opportunità, fragile e preziosa, deve essere colta in ogni occasione.
Fin dai suoi primi viaggi apostolici, Francesco ha espresso il suo impegno nel dialogo cristiano-islamico. Uno dei momenti più emblematici è stata la firma del documento sulla “fraternità umana”, ad Abu Dhabi nel 2019, con il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmed Al-Tayeb. Che ho incontrato al Cairo non molto tempo fa e che mi ha parlato della sua ammirazione per il Santo Padre. Il documento che hanno redatto insieme traccia un percorso verso la coesistenza fraterna, dimostrando che le differenze religiose non dovrebbero mai essere un pretesto per dividere le persone.
Visitando l’Iraq nel 2021, Francesco si è recato nella terra di Abramo, tornando alle origini del monoteismo in contrasto con lo sradicamento dei nostri tempi. A Mosul, una città segnata dalle peggiori atrocità, ha invitato le persone a ricostruire insieme ciò che è stato distrutto dall’oscurantismo. Si rivolgeva non solo ai cristiani ma anche ai musulmani, anch’essi vittime della
violenza. Anche in questo caso, Francesco ha dimostrato che la fraternità è una responsabilità e un’azione concreta. Non è una relazione cortese, di facciata, ma richiede un’azione nella realtà quotidiana delle persone.
Indifferenza, disumanizzazione, pauraMilioni di musulmani in Europa vivono da cittadini come gli altri. Ma le società europee stanno vacillando sotto l’assalto delle chiusure identitarie e dei movimenti estremisti. L’altro non è più un fratello o una sorella. È un pericolo. Il Papa ha ripetutamente denunciato questi passi indietro e questi discorsi di odio che minacciano il nostro futuro. In Fratelli tutti ha ribadito l’ovvio: “Nessuno si salva da solo”. L’Europa, indebolita dall’indifferenza, dalla disumanizzazione e dalla paura, ha più che mai bisogno di riprendere a vivere la fraternità umana. E aveva bisogno delle parole di Francesco per riuscire a farlo.
Non è sempre facile sentirsi dire che l’Islam non è l’ideologia intollerante con cui viene confuso. Né è facile capire fino a che punto il cristianesimo e l’islam, e le religioni del Libro nel loro complesso, condividano un fondamento comune: la fede in Dio, la pace, la giustizia, la generosità e il rispetto per la vita. Il Papa lo ha capito. Anche in Francia sono infinitamente grato alla comunità cattolica e ai suoi rappresentanti, che hanno mantenuto l’amicizia con i loro concittadini musulmani, anche dopo i terribili crimini perpetrati nei loro luoghi di culto, come a Nizza e a Saint-Etienne-du-Rouvray (Seine-Maritime).
Papa Francesco ha scritto una tabella di marcia per una fraternità incarnata, lontana da atteggiamenti di facciata. Non ha chiuso gli occhi di fronte alle tensioni, alle ferite della storia, alle persistenti incomprensioni e alle tragedie contemporanee. Ha scelto l’amore come risposta al risentimento, il dialogo come antidoto ai pregiudizi, secondo la professione di fede di San Francesco d’Assisi: “Dove c’è discordia, che io porti l’unione”.
Al termine dell’udienza del 10 febbraio, ho offerto al Santo Padre una copia del nobile Corano tradotto in francese. L’ha presa con infinita cura e ha baciato tre volte la copertina. In un semplice gesto di rispetto, ha rivelato la misura della sua bontà. I musulmani non dimenticheranno mai il suo invito a unirsi a lui sul cammino della fraternità e della concordia. Lo faranno, e lo hanno già fatto in gran numero. Per ora, ahimè, piangono la sua scomparsa e pregano per il riposo della sua anima.
Chems-Eddine Hafiz è avvocato onorario e rettore della Grande Moschea di Paris dal 2020. Presiede l’Alleanza delle moschee, associazioni e leader musulmani in Europa, fondata nel 2023.