
di Lorenzo Maffei in avvenire.it del 24.04.25
Nella spiritualità di Francesco c’è anche Charles de Foucauld, da lui canonizzato nel 2022. Una frase come «esalarsi in pura perdita di sé davanti a Dio» oppure il desiderio di imitare Gesù-Povero che ha preso «l’ultimo posto», sono tratti foucauldiani che ritroviamo nel magistero, fatto anche di opere, di Bergoglio. Pochi giorni dopo la canonizzazione, disse in una udienza: «Vorrei ringraziare san Charles de Foucauld, perché la sua spiritualità mi ha fatto tanto bene quando studiavo la teologia, un tempo di maturazione e anche di crisi. Mi è arrivata tramite padre Paoli e tramite i libri di Voillaume, che io leggevo continuamente. Mi ha aiutato tanto a superare le crisi e a trovare una strada di vita cristiana più semplice, meno pelagiana, più vicina al Signore. Ringrazio il santo e do testimonianza di questo, perché mi ha fatto tanto bene». Un mese dopo, a fine giugno 2022, Bergoglio vergò il suo testamento spirituale, indicando le ultime volontà improntate alla semplicità e offrendo la sua sofferenza per la fratellanza tra i popoli. Il «padre Paoli» citato da Bergoglio è il sacerdote lucchese e piccolo fratello del Vangelo, Arturo Paoli, che in Argentina condivise con l’allora superiore provinciale dei Gesuiti, padre Bergoglio, la tragica stagione della dittatura. I due si incontrarono nuovamente nel 2014 in Vaticano: uno Papa e l’altro piccolo fratello di 101 anni. In un libro-dialogo del 2020, alla domanda dell’attivista Carlo Petrini – «Lei da laggiù (dall’Argentina, ndr) non conosceva Mazzolari, don Milani?» – la risposta del Pontefice fu netta: «No, conoscevo solo Arturo Paoli». Un legame spirituale che ha segnato la biografia di entrambi.