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Camminare

Camminare e meditare
lasciare impronte di pace e di serenità sulla nostra Terra

di Thich Nhat Hanh

Ordinato monaco a 16 anni, è un maestro zen vietnamita, poeta e pacifista. Ha applicato la visione buddhista a ogni aspetto della società: l’istruzione, l’economia, la tecnologia e la crisi ambientale. Ha saputo offrire una traduzione moderna dei principali testi buddhisti. Oggi ha 94 anni e vive nella comunità di Plum Village, da lui fondata. Per saperne di più: www.plumvillage.org/it

La meditazione camminata può essere molto piacevole. Camminiamo lentamente, da soli o in compagnia, possibilmente in un bel posto.

Meditazione camminata significa gustare la camminata, camminare non per arrivare, ma semplicemente per camminare. Lo scopo è radicarsi nel presente e, consapevoli di respirare e di camminare, gustare ogni passo. Perciò dobbiamo scrollarci di dosso ansie e preoccupazioni, non pensare al futuro, non pensare al passato, ma solo gustare l’attimo presente. Possiamo farlo tenendo per mano un bambino. Camminiamo, un passo dopo l’altro, come se fossimo le persone più felici del mondo. Noi camminiamo continuamente, ma di solito lo facciamo correndo, e in questo modo lasciamo sulla Terra impronte di ansia e di dolore. Quando camminiamo, dovremmo farlo in modo da lasciare solo impronte di pace e di serenità. Tutti possiamo farlo, a patto di volerlo fare. Ogni bambino può farlo.

Se ci è possibile fare un passo così, potremo farne due, e poi tre, quattro, cinque. Con un solo passo di pace e di felicità contribuiamo alla pace e alla felicità di tutto il genere umano. La meditazione camminata è una pratica meravigliosa.

Quando pratichiamo all’aperto, camminiamo un po’ più lentamente del solito e coordiniamo la respirazione con i passi. Per esempio, facciamo tre passi inspirando e tre passi espirando. Possiamo aggiungere le parole: «In, in, in. Out, out, out». «In» ci aiuta a identificare l’inspirazione. Chiamare una cosa con il suo nome la rende più vera, è come dire il nome di un amico.

Se i vostri polmoni richiedono quattro passi invece di tre, dategliene pure quattro. Se ne bastano due, dategliene due. La durata dell’inspirazione non deve necessariamente essere identica a quella dell’espirazione. Per esempio potete fare tre passi a ogni inspirazione e quattro a ogni espirazione.

Se camminando vi sentite felici, tranquilli e gioiosi, la vostra pratica è corretta.

Siate consapevoli del contatto tra i vostri piedi e la Terra. Camminate come se baciaste la Terra con i piedi. Le abbiamo fatto tanto male. è venuto il momento di prendercene cura. Portiamo la nostra pace e la nostra calma sulla superficie della Terra, e impariamo ad amare con lei. Camminiamo con questo spirito. Di tanto in tanto, quando vediamo una cosa bella, possiamo fermarci a guardarla: può essere un albero, un fiore, bambini che giocano.

Mentre guardiamo, continuiamo a seguire il respiro, per non perdere il bel fiore e non farci risucchiare dai nostri pensieri. Quando vogliamo riprendere a camminare, ricominciamo da capo.

Ogni passo farà nascere una brezza, che ci ristora nel corpo e nella mente. Ogni passo fa sbocciare un fiore sotto i nostri piedi.

Possiamo farlo solo se non pensiamo al futuro o al passato, se sappiamo che la vita va cercata solo nell’attimo presente.

SENZA SCOPO

In Occidente, c’è una forte motivazione al successo. La gente sa cosa vuole e va dritta al suo scopo. Può essere utile, ma nel frattempo il piacere di vivere va perduto.

C’è un termine buddhista che si può tradurre con “senza desiderio” o “senza scopo”. Significa non porsi alcuna meta da raggiungere, perché dentro di sé c’è già tutto. Quando facciamo la meditazione camminata, non ci proponiamo di arrivare da nessuna parte. Ci limitiamo a fare passi sereni, lieti. Se pensiamo continuamente al futuro, agli obiettivi che vogliamo raggiungere, perdiamo i nostri passi. Lo stesso vale per la meditazione seduta. Ci sediamo per goderci la seduta, non per ottenere qualcosa. è un punto molto importante. Ogni istante di meditazione ci restituisce alla vita, perciò quando ci sediamo dovremmo gustare la nostra seduta dal principio alla fine.

Dovremmo mangiare un mandarino, bere una tazza di té o praticare la meditazione camminata “senza scopo”.

Spesso ci diciamo: «Non restare a guardare, agisci!». Ma praticando la consapevolezza facciamo una scoperta insolita. Scopriamo che può essere più utile l’opposto: «Non agire soltanto, guarda!».

Per vedere chiaramente dobbiamo imparare a fermarci. Sulle prime, “fermarsi” può sembrare una forma di resistenza alla vita moderna, ma non lo è. Non è una semplice reazione, è un modo di vivere. La sopravvivenza del genere umano dipende dalla nostra capacità di smettere di correre.

Abbiamo più di cinquantamila bombe nucleari, eppure non riusciamo a smettere di produrne altre. “Fermarsi” non implica solo arrestare il male, ma anche favorire il bene, la guarigione. Ecco lo scopo della nostra pratica: non eludere la vita, ma sperimentare e testimoniare che si può essere felici adesso come nel futuro.

Il fondamento della felicità è la consapevolezza. La condizione essenziale per essere felici è la coscienza di esserlo. Se non siamo consapevoli di essere felici, non lo siamo veramente. Quando abbiamo il mal di denti, sappiamo che non averlo è una cosa magnifica. Però, quando non abbiamo il mal di denti, ancora non siamo felici. Il non-maldidenti è un’esperienza piacevolissima. I motivi di gioia sono tanti, senza consapevolezza non sapremo apprezzarli.

Praticando la consapevolezza impariamo a proteggere con amore queste cose belle. Prendendoci cura del presente, ci prendiamo cura del futuro. Lavorare per un futuro di pace è lavorare per la pace nell’attimo presente.

I brani sono tratti dal libro La pace è ogni passo (Ubaldini editore, Roma, 1993)