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Sperare insieme

L’esperienza della Pasqua

il perdono dei peccati e una fraternità nuova sono due dinamiche di vita avviate dopo la resurrezione

di Lucia Capuzzi

Il 18 agosto 2014, sull’aereo di ritorno da Seul, nel rispondere al giornalista giapponese Yoshimori Fukushima del Mainichi Shimbun, papa Francesco ha utilizzato per la prima volta quella che sarebbe diventata una delle definizioni più conosciute: «terza guerra mondiale a pazzetti».

Arrivato al soglio di Pietro “dalla fine del mondo” da poco più di un anno, il Pontefice tracciava un filo rosso tra i tanti conflitti che dilaniavano il pianeta: 154 all’epoca, secondo l’Upssala conflict data program (Ucdp).

L’attenzione mediatica internazionale, tuttavia, si concentrava sui jihadisti del Daesh, responsabili di una serie di cruenti attentati che per anni hanno insanguinato l’Occidente. A cominciare da quello del 7 gennaio 2015, alla redazione parigina di Charlie Hebdo. Molte le voci che, nell’indignazione generale, paventavano uno “scontro di civiltà” e di religione, come se gli uomini in nero del Califfato dessero corpo alla sinistra previsione di Samuel Huntinghton. Una delle poche voci fuori dal coro è stata quella di papa Francesco. «Dio, l’Onnipotente non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il suo nome venga usato per terrorizzare la gente», ha scritto, insieme al grande imam di al-Azhar, Ahmad al- Tayyeb, nel Documento sulla fratellanza umana, sottoscritto dai due leader spirituali ad Abu Dhabi, il 4 febbraio 2019. La sconfessione inequivocabile di tutti gli intenti di manipolare la fede per finalità politiche o belliche. All’ideologia che ci presenta l’altro come estraneo e nemico, reale o potenziale, Francesco opponeva la verità evangelica della prossimità di ogni essere umano, il cui dolore ci riguarda. Come ha affermato al Sacrario di Redipuglia: «Le vittime sono tante… Come è possibile questo? È possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante! E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: “A me che importa”».

Rispetto al 2014, la frontiera della guerra si è espansa: 169 conflitti nel 2020, ultimo disponibile nel registro di Ucdp. Dal 24 febbraio 2022, insanguina i margini dell’Europa, a lungo “distanti” dai teatri degli scontri e i due principali detentori di armi nucleari – Washington e Mosca – sono prossimi al confronto strategico. Non stupisce, dunque, l’impatto enorme sull’opinione pubblica. Tanti, però, nei media come nella politica, sono pronti a trasformare l’indubbio torto della Russia e le ragioni dell’aggredita Kiev in una resa dei conti fra bene e male. Le teorie impiegate nei confronti dell’estremismo islamista, vengono aggiornate e riproposte per leggere il nuovo presunto “scontro di civiltà” civiltà”“scontr . o Ancora una volta, Francesco spiazza: alle ideologie risponde con il Vangelo. Il Papa denuncia le colpe di Mosca, rinnova di continuo la propria solidarietà a Kiev, anche inviandovi più volte propri rappresentanti. Al contempo, però, non si rassegna alla logica del muro contro muro e lavora senza sosta per aprire spiragli, anche minimi, e riannodare i fili fragili della convivenza umana. Anche a costo di essere incompreso e accusato di filoputinismo, proprio come prima era tacciato di filoislamismo.

Spesso, oltretutto, dagli stessi che giustificavano il pugno di ferro dello zar come baluardo contro il jihadismo.

In realtà, la logica di quest’ultimo non potrebbe essere più distante da quella bergogliana. Se tutta la narrativa putiniana è costruita sulla sacralizzazione del potere e di chi lo esercita, il Papa con la propria testimonianza, sconfessa, ogni giorno, la manipolazione in chiave temporale della fede. Non cerca di appropriarsi di Dio ma di servirlo. Per questo non teme di mostrare la propria debolezza. Francesco, «l’anti- strongman», come lo ha definito Paul Elie sul New Yorker, spiazza con le proprie lacrime per la “martoriata Ucraina” di fronte alla statua dell’Immacolata.

“Diplomazia delle ginocchia” per il Pontefice non è solo un’immagine efficace da presentare ai nunzi. Di fronte ai leader sud-sudanesi, invitati in Vaticano nel 2019, non ha remore di buttarsi ai loro piedi per implorare la pace. Nella certezza che, anche nelle notti più oscure della storia, il Signore edifica il suo progetto di bene per l’umanità.

LUCIA CAPUZZI - Giornalista del quotidiano Avvenire, lavora alla redazione esteri come inviata. 
Autrice di numerosi libri inchiesta su personalità della Chiesa e su fatti di attualità socio-politica dell’America Latina. Scrive inoltre per i quaderni di Ore undici.