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Domenica 20 giugno 2021

Omelia

Il brano del Vangelo che ci viene dato oggi è molto bello. Il suo messaggio è molto simbolico. Gesù dorme in barca quando, ad un certo punto, arriva la tempesta. I discepoli sono lì occupati a buttare fuori l’acqua dalla barca e a cercare di orientarla. Spaventati scuotono Gesù: “ma che fai, noi qui siamo preoccupati e tu ci abbandoni, non ti preoccupi, non collabori”.
Gli studiosi dicono che questo episodio non è mai avvenuto realmente perché nel piccolo lago di Galilea non ci sono tempeste e non ci sono venti forti. Marco racconta questo episodio perché l’ha sentito da Pietro. E’ una bella metafora che possiamo riassumere con queste due parole “siamo tutti nella stessa barca”.
E’ bella l’immagine della barca! Anche noi molte volte siamo stati come in mezzo al mare, dove c’è una grande complessità.
Quando io guardo il mare rimango sorpreso e meravigliato dall’ immensità. Ed è un po’ la realtà della nostra vita. Noi siamo immersi nell’immensità. Poi ognuno di noi ha un piccolo cabotaggio, un piccolo angolino da cui pensa di capire e di guardare tutto il mondo. In realtà siamo immersi in un grande mare che ai miei occhi appare sempre misterioso, pieno di sorprese anche positive! Dal mare nascono tante cose. Proviamo a immergerci in questo enorme mare che è la vita di cui noi siamo una piccola entità, con la quale dobbiamo metterci in sintonia.
Questo è molto, molto importante. Dobbiamo metterci in sintonia per non creare disagio. Se nella barca ognuno fa quello che ha in testa, diventa un disastro. Purtroppo, infelicemente, ognuno nel proprio narcisismo non ha voglia di ascoltare e di mettersi in sintonia con la vita che c’è intorno. Noi siamo chiamati a servire la vita, non siamo noi il centro della vita come ci piacerebbe essere. La vita ci è data e noi dobbiamo servirla dentro di noi e accanto a noi.
Immaginiamo questa barca su cui i discepoli si danno da fare in cui c’è questa tempesta metaforica che li preoccupa e non sentono che c’è una presenza importante che è quella di Gesù.
Anche se non ci accorgiamo di Gesù, lui c’è, ci accompagna, è un grande amico che, come diceva Arturo, ci aspetta alla fine della vita per accoglierci.
Fermiamo l’ attenzione sulle parole iniziali del vangelo, quando Gesù dice ai discepoli “andiamo all’atra riva”. E’ un invito che io sento anche per me e per tutti noi.
Qual’ è l’altra riva, cioè quale decisione rimandiamo per dare una svolta nuova alla nostra vita? C’è per tutti un’altra riva, un posto dove sappiamo che dobbiamo andare, ma non ne abbiamo il coraggio perché abbiamo paura, perché siamo attaccati alle nostre piccole cose. Eppure se noi non decidiamo, rompiamo il dinamismo della vita.
Il pensiero che vorrei che ognuno di noi portasse dentro di sé è una domanda. Quale è l’altra riva per me? Quale è la decisione che devo prendere? Da questo dipende il futuro della mia esistenza e delle persone care che sono accanto a me.

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 4, 35-41)

In quel tempo, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Parola del Signore