Vai all'archivio : •

Speranza

Papa Francesco – Pellegrino di speranza
Durante il viaggio in Iraq, l’invito a “non lasciare mai di guardare le stelle” come Abramo

Dal 5 al 8 marzo 2021 papa Francesco ha svolto un viaggio apostolico in Iraq. Lo spirito con cui il pontefice si è presentato è stato quello del pellegrino penitente che implora perdono e riconciliazione da Dio per un paese devastato dalla guerra e dal terrorismo. Di conseguenza è stato pellegrino di pace e ha spronato tutti gli iracheni all’unità e alla concordia, perché «voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8). Nel segno di Abramo Francesco ha camminato con i fratelli e le sorelle dell’unica famiglia monoteista – musulmani, ebrei e cristiani –, ma anche con i rappresentanti di altre fedi e confessioni religiose.

Un particolare incoraggiamento e ringraziamento per la testimonianza in Cristo lo ha indirizzato alla Chiesa martire dell’Iraq, così provata negli ultimi decenni.

Infine il papa è stato pellegrino di speranza, sulle orme di Giona che fece risuonare la sua profezia a Ninive, impedendone la distruzione e portando una nuova speranza, la speranza di Dio. «Camminare nella speranza e mai lasciare di guardare le stelle», come fece Abramo, è stato l’invito di papa Francesco al popolo dell’Iraq. Di seguito riportiamo alcuni brani dei diversi interventi di papa Francesco in Iraq.

Incontro con le autorità, la società civile e il corpo diplomatico

Solo se riusciamo a guardarci tra noi, con le nostre differenze, come membri della stessa famiglia umana, possiamo avviare un effettivo processo di ricostruzione e lasciare alle future generazioni un mondo migliore, più giusto e più umano. A questo riguardo, la diversità religiosa, culturale ed etnica, che ha caratterizzato la società irachena per millenni, è una preziosa risorsa a cui attingere, non un ostacolo da eliminare. Oggi l’Iraq è chiamato a mostrare a tutti, specialmente in Medio Oriente, che le differenze, anziché dar luogo a conflitti, devono cooperare in armonia nella vita civile. […] Il «saperci responsabili della fragilità degli altri» (Fratelli tutti, 115) dovrebbe ispirare ogni sforzo per creare concrete opportunità sia sul piano economico sia nell’ambito dell’educazione, come pure per la cura del creato, nostra casa comune.

Dopo una crisi, non basta ricostruire, bisogna farlo bene: in modo che tutti possano avere una vita dignitosa. Da una crisi non si esce uguali a prima: si esce o migliori o peggiori.

Incontro con i vescovi, sacerdoti, religiosi/e, seminaristi e catechisti

Sappiamo quanto sia facile essere contagiati dal virus dello scoraggiamento che a volte sembra diffondersi intorno a noi. Eppure il Signore ci ha dato un vaccino efficace contro questo brutto virus: è la speranza. La speranza che nasce dalla preghiera perseverante e dalla fedeltà quotidiana al nostro apostolato. Con questo vaccino possiamo andare avanti con energia sempre nuova, per condividere la gioia del Vangelo, come discepoli missionari e segni viventi della presenza del Regno di Dio, Regno di santità, di giustizia e di pace.

[…] Penso in particolare ai giovani. Ovunque sono portatori di promessa e di speranza, e soprattutto in questo Paese. Qui infatti non c’è solo un inestimabile patrimonio archeologico, ma una ricchezza incalcolabile per l’avvenire: sono i giovani! Sono il vostro tesoro e occorre prendersene cura, alimentandone i sogni, accompagnandone il cammino, accrescendone la speranza. Benché giovani, infatti, la loro pazienza è stata messa duramente alla prova dai conflitti di questi anni. Ma ricordiamoci, loro – insieme agli anziani – sono la punta di diamante del Paese, i frutti più saporiti dell’albero: sta a noi, a noi, coltivarli nel bene e irrigarli di speranza.

Incontro interreligioso

La via che il Cielo indica al nostro cammino è un’altra, è la via della pace. Essa chiede, soprattutto nella tempesta, di remare insieme dalla stessa parte. È indegno che, mentre siamo tutti provati dalla crisi pandemica, e specialmente qui dove i conflitti hanno causato tanta miseria, qualcuno pensi avidamente ai propri affari.

Non ci sarà pace senza condivisione e accoglienza, senza una giustizia che assicuri equità e promozione per tutti, a cominciare dai più deboli. Non ci sarà pace senza popoli che tendono la mano ad altri popoli. Non ci sarà pace finché gli altri saranno un loro e non un noi.

Non ci sarà pace finché le alleanze saranno contro qualcuno, perché le alleanze degli uni contro gli altri aumentano solo le divisioni.

La pace non chiede vincitori né vinti, ma fratelli e sorelle che, nonostante le incomprensioni e le ferite del passato, camminino dal conflitto all’unità. […] Il padre Abramo, egli che seppe sperare contro ogni speranza (cfr Rm 4,18), ci incoraggia. Nella storia abbiamo spesso inseguito mete troppo terrene e abbiamo camminato ognuno per conto proprio, ma con l’aiuto di Dio possiamo cambiare in meglio. Sta a noi, umanità di oggi, e soprattutto a noi, credenti di ogni religione, convertire gli strumenti di odio in strumenti di pace. Sta a noi esortare con forza i responsabili delle nazioni perché la crescente proliferazione delle armi ceda il passo alla distribuzione di cibo per tutti. Sta a noi mettere a tacere le accuse reciproche per dare voce al grido degli oppressi e degli scartati sul pianeta: troppi sono privi di pane, medicine, istruzione, diritti e dignità! Sta a noi mettere in luce le losche manovre che ruotano attorno ai soldi e chiedere con forza che il denaro non finisca sempre e solo ad alimentare l’agio sfrenato di pochi. Sta a noi custodire la casa comune dai nostri intenti predatori. Sta a noi ricordare al mondo che la vita umana vale per quello che è e non per quello che ha, e che le vite di nascituri, anziani, migranti, uomini e donne di ogni colore e nazionalità sono sacre sempre e contano come quelle di tutti! Sta a noi avere il coraggio di alzare gli occhi e guardare le stelle, le stelle che vide il nostro padre Abramo, le stelle della promessa.

Omelia nella cattedrale caldea di San Giuseppe a Baghdad

La sapienza di Gesù, che si incarna nelle Beatitudini, chiede la testimonianza e offre la ricompensa, contenuta nelle promesse divine. Vediamo infatti che a ogni Beatitudine segue una promessa: chi le vive avrà il regno dei cieli, sarà consolato, saziato, vedrà Dio… (cfr Mt 5,3-12). Le promesse di Dio assicurano una gioia senza eguali e non deludono. Ma come si compiono? Attraverso le nostre debolezze. Dio fa beati coloro che percorrono fino in fondo la via della loro povertà interiore. La strada è questa, non ce n’è un’altra.

Guardiamo al patriarca Abramo. Dio gli promette una grande discendenza, ma lui e Sara sono anziani e senza figli. Proprio nella loro anzianità paziente e fiduciosa Dio opera meraviglie e dona loro un figlio. Guardiamo a Mosè: Dio gli promette che libererà il popolo dalla schiavitù e per questo gli chiede di parlare al faraone. Mosè fa presente di essere impacciato nel parlare; eppure Dio realizzerà la promessa attraverso le sue parole. Guardiamo alla Madonna, che proprio quando per la Legge non può avere figli viene chiamata a diventare madre.

E guardiamo a Pietro: rinnega il Signore e Gesù chiama proprio lui a confermare i fratelli. Cari fratelli e sorelle, a volte possiamo sentirci incapaci, inutili. Non crediamoci, perché Dio vuole compiere prodigi proprio attraverso le nostre debolezze.

Discorso nella Chiesa dell’Immacolata Concezione a Qaraqosh

Questo è il momento di risanare non solo gli edifici, ma prima ancora i legami che uniscono comunità e famiglie, giovani e anziani. Il profeta Gioele dice: «I tuoi figli e le tue figlie profetizzeranno, i tuoi vecchi sogneranno e i tuoi giovani avranno visioni» (cfr Gl 3,1). Quando gli anziani e i giovani si incontrano, che cosa succede? Gli anziani sognano, sognano un futuro per i giovani; e i giovani possono raccogliere questi sogni e profetizzare, portarli avanti. Quando gli anziani e i giovani si uniscono, preserviamo e trasmettiamo i doni che Dio dà. Guardiamo i nostri figli, sapendo che erediteranno non solo una terra, una cultura e una tradizione, ma anche i frutti vivi della fede che sono le benedizioni di Dio su questa terra. […] Non smettete di sognare! Non arrendetevi, non perdete la speranza! Dal Cielo i santi vegliano su di noi: invochiamoli e non stanchiamoci di chiedere la loro intercessione. E ci sono anche «i santi della porta accanto», «che, vivendo in mezzo a noi, riflettono la presenza di Dio» (Gaudete et exsultate, 7). Questa terra ne ha molti, è una terra di tanti uomini e donne santi. Lasciate che vi accompagnino verso un futuro migliore, un futuro di speranza.