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Domenica 28 febbraio 2021

Omelia

Tre sono gli elementi per amare:
lasciare il sicuro della nostra esperienza, della nostra tranquillità, delle cose che abbiamo fatto e come Abramo andare incontro a una terra nuova, andare incontro a una realtà nuova. Come? Non guardando più continuamente noi stessi ma scoprendo il volto dell’altro.
Secondo elemento. Il silenzio.
Il silenzio e il deserto che ci permette di non riproporre noi stessi. Il silenzio è uno spazio nel quale possiamo incontrare e stupirci dell’altro.
Terzo elemento per incontrare e vivere l’amore: la solitudine.
Avere il coraggio di accettare la dimensione fondamentale dell’essere che è solitudine ma che è anche profonda integrazione con il Bene, con il massimo che noi possiamo pensare, con ciò che noi chiamiamo Dio, cioè con la ricchezza dell’esistere umano.

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 9,2-10)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Parola del Signore