Vai all'archivio : •

Camminare insieme

Sinodalità idea-madre del Papa

portare letteratura, filosofia, cinema nelle aziende migliora la qualità delle relazioni e del lavoro

L’invito a camminare insieme è l’invito ad essere Chiesa perché il camminare è il suo destino, è la sua dinamica postura. Invitare a camminare significa invitare a entrare nella Chiesa pellegrina che s’accompagna alla grande carovana degli uomini, tutti nati in avanti, e perciò viandanti verso l’Oltre e verso l’Altrove.

Questa è la Chiesa sinodale fondata da Gesù: essa è un “popolo di figli” e, di conseguenza, un “popolo di fratelli e di sorelle”. Questo popolo verticale, che nasce dall’Alto, diventa popolo orizzontale proprio per essere una Chiesa pellegrina sulla via della bellezza, perché tale è la via tracciata da un pastore “bello e buono”, qual è Gesù, che vuole radunare i figli di Dio dispersi e condurli al Regno.

La sinodalità è l’“idea madre” dell’insegnamento di papa Francesco sulla Chiesa e sulla missione. Egli, il 17 ottobre 2015, ha pronunciato un Discorso memorabile sulla riforma della Chiesa, che è apparso subito storico. […]

Fermandosi a riflettere sul camminare dei cristiani, papa Francesco afferma: «Penso che questa sia veramente l’esperienza più bella che viviamo: far parte di un popolo in cammino, in cammino nella storia, insieme con il suo Signore, che cammina in mezzo a noi!». Così la sinodalità diventa il nome della vita della Chiesa e della sua missione.

È questa la forma di Chiesa che il concilio va delineando da cinquant’anni, come se l’avesse in incubazione dentro l’alveo di due sue parole che portava invece iscritte sulla fronte: conciliarità e comunione.

Si può dire che il concilio, benché non abbia parlato esplicitamente di sinodalità, di essa sia il più autorevole e il più prossimo suggeritore.

Sinodalità non è la solita parolina stagionale che si inventa per rilanciare le pastorali depresse che hanno perso il cuore e l’anima. Questo accade in modo ritornante nella Chiesa quando sulle parole-progetto della pastorale e della missione scendono i tarli della retorica e del loro uso vuoto e senza frutto, ma soprattutto quando sono aggredite dalla tignola del tempo che le usura e le distrugge. Ma la sinodalità non è chiamata a riparare a questo.

Sinodalità è parola che germoglia dalla stessa vita del Dio trinitario, che vive un’infinita comunione interpersonale e si fa soggetto delle missioni salvifiche dell’incarnazione e della pentecoste, sante matrici del “popolo di Dio” e di ogni dinamismo sinodale che esso attiva dentro e fuori di sé.

Sinodalità è parola che resta perché è radicata sulla rivelazione intramontabile di Dio (specie sul vangelo della risurrezione), è fondata sulla roccia incrollabile di Cristo e, in particolare, è piantata sulla pietra rovesciata del suo sepolcro. La sinodalità perciò ha la stoffa teologica per essere una parola da Millennio.

Sinodalità è parola di missione che dice la Chiesa in uscita, che va verso la comunità degli uomini, verso le plaghe tristi della povertà e quelle ugualmente doloranti della divisione, oltre che verso ogni sponda della creazione. Una Chiesa sinodale è di per sé missionaria e reca perciò con sé i simboli dell’itineranza: la “pellegrina” che le ricorda le intemperie della storia da cui difendersi, mentre è anche simbolo dell’umanità di Cristo nella quale avvolgersi. Porta con sé la “scarsella”, simbolo dell’elemosina, per ricordare che il cammino sinodale non è un tour di piacere per gaudenti e vitaioli, ma un viaggio di pellegrini poveri. Porta, infine, con sé il “bordone” fiorito che le rammenta qual è il suo sostegno maggiore: è la santa Trinità quale “terzo piede” cui appoggiarsi da sempre a sempre.

Sinodalità è parola planetaria, che allude alla sterminata carovana umana che traversa la storia in vista dell’Oltre e dell’Altrove e dentro la quale accade il particolare cammino sinodale che la Chiesa pellegrina compie ispirando intorno a sé il senso di Dio, cercando… i cercatori di Dio, dialogando… con i negatori di Dio, affiancandosi… ai compagni di fede e di Credo per cercare di salire, insieme, fino al monte santo di Dio, meta d’ogni cammino sinodale.

Sinodalità è parola che dice filialità: rammenta che siamo nati allo stesso fertile fonte battesimale e che questa filialità originale crea una unità di destino sinodale che non deve mai spezzarsi, pena la contraddizione con la comune origine dei pellegrini dell’Assoluto. La filialità battesimale, che provoca inevitabilmente fraternità e sororità, compone il soggetto unico e multiplo della sinodalità. Il soggetto del cammino sinodale non è un’accolita di estranei, ma un popolo di figli, anche se per i cristiani non ci sono forestieri e “accolite di estranei”, dal momento che tutti si abita dentro la stessa “tenda planetaria”, una casa mobile e dunque una casa sinodale.

Sinodalità è, infine, parola di memoria e di speranza: possiede una potente tenacia memoriale (raduna in sé tutti gli acta Dei e rende presente – mediante il “viatico” eucaristico – tutto quello che il Dio trinitario ha già compiuto per gli uomini). Sinodalità ha anche una forte fibra profetica: insegna che, per non disperare mai, bisogna uscire, trovare compagni di vita e di fede e incamminarsi con loro dove chiama lo Spirito e dove porta il cuore…

Per tutte queste ragioni il sogno di papa Francesco è che la Chiesa diventi sinodale.

DON MICHELE MASCIARELLI (1944 – 2021) Presbitero teologo e canonista.

Dal 2020 è stato vicario dell’Arcivescovo di Chieti-Vasto, monsignor Bruno Forte. Nel 2015 papa Francesco lo aveva nominato consultore della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi.
Laureato in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, in Filosofia presso l’Università di Chieti e in Diritto Canonico presso la Pontifica Università Lateranense, ha insegnato teologia dogmatica presso la Facoltà Marianum di Roma e teologia fondamentale e dogmatica presso l’Istituto teologico abruzzese –molisano.