
Il Cantico che nasce dal dolore
la Lode che dona pace e consolazione a milioni di persone è eco di un animo provato
Il primo testo di questo quaderno, con cui ci avviciniamo al Cantico di frate Sole composto da san Francesco d’Assisi, è una cornice di carattere storico, che vuole farci comprendere il contesto e le condizioni umane e spirituali da cui esso nasce.
È tratto da un ampio articolo di MONS. FELICE ACCROCCA, arcivescovo di Benevento, redatto per la rivista «Credere oggi» (n. 4, luglio-agosto 2024), che ha dedicato una monografia al Cantico di san Francesco, a 800 anni dalla sua composizione.
Ringraziamo l’autore e l’editore.
Negli ultimi anni della sua vita Francesco d’Assisi dovette superare varie prove. I suoi compagni ricordano che egli «per lungo tempo, fino al giorno della sua morte, fu malato di fegato, di milza e di stomaco», oltre ad avere contratto «una gravissima infermità negli occhi».
A queste sofferenze fisiche si aggiunsero quelle interiori, non meno laceranti. Quando nel 1221 completò la redazione della Regola, presagiva che da parte dei frati vi fossero dei tentativi di modificare il testo che codificava la vita secondo il Vangelo, come gli era stata rivelata dal Signore. Negli anni successivi le tensioni crebbero, al punto che Francesco cominciò a sentirsi fuori posto nella famiglia che era nata da lui. Queste difficoltà finirono per procurargli un crollo psicologico: attraverso la testimonianza dei suoi compagni, sappiamo che subì una «gravissima tentazione dello spirito», durante la quale «alle volte si sottraeva alla compagnia dei fratelli, poiché (…) non era in grado di mostrarsi sorridente come era solito fare». Fu uno dei momenti più difficili, forse il più difficile, della sua vita: «Spesso andava a pregare nel bosco vicino alla chiesa della Porziuncola, per dare più liberamente sfogo al suo dolore e poter piangere a dirotto davanti al Signore, affinché egli, che tutto può, si degnasse di inviargli dal cielo la sua medicina in così grande tribolazione».
Con buona probabilità, possiamo collocare questo tempo negli anni 1222-1224; le cause vanno ricercate indubbiamente nelle tensioni scaturite dal processo di redazione della Regola e dai differenti indirizzi che si volevano imporre al futuro percorso della famiglia religiosa. Non si possono dimenticare neppure le incomprensioni e persino i maltrattamenti che in diverse circostanze Francesco subì dai suoi stessi confratelli.
I Compagni, dopo aver riferito che il Santo fu per ben due anni tormentato «giorno e notte» dalla tentazione, narrano pure che un giorno, mentre si trovava in preghiera alla Porziuncola, risuonò dentro di lui la parola del Vangelo: «Se tu avessi una fede grande come un granello di senape, e dicessi a quel monte di trasportarsi da quello a un altro posto, avverrebbe così».
Francesco comprese che quel monte era la sua stessa tentazione e che doveva uscirne con uno scatto di reni, ovvero con un supplemento di fede, rimettendosi totalmente nelle mani di Dio, rinunciando in modo definitivo e totale, a «volontà e attese» che non fossero quelle di «ripetere sino in fondo in se stessi la rinuncia e l’amore del Cristo».
Nei primi mesi del 1225 Francesco si fermò a San Damiano oltre cinquanta giorni, in preda ad atroci sofferenze, «in una celletta fatta di stuoie». Una notte non ce la fece più e invocò il soccorso del Signore, che in spirito gli disse: «Fratello, rallegrati e gioisci di cuore nelle tue infermità»: il mattino seguente, «postosi a sedere, si concentrò a riflettere e poi disse: Altissimo, onnipotente, bon Signore… E vi fece sopra la melodia, che insegnò ai suoi compagni». Francesco aveva dunque composto anche la musica, sfortunatamente andata perduta.
Quella poesia che nei secoli ha dato pace e consolazione a milioni e milioni di uomini nacque in un momento di dolore, eco di un animo pacificato nel profondo e di conseguenza capace di invitare tutte le creature alla lode di Dio.
La dettagliata testimonianza dei Compagni di Francesco ci consente di attestare che egli compose il Cantico in momenti diversi. Il testo finì per completarsi e perfezionarsi nel tempo. Mentre Francesco era ancora malato a San Damiano, scoppiò una lite tra il vescovo e il podestà di Assisi: egli fece allora aggiungere al Cantico la strofa del perdono e inviò due dei suoi compagni perché lo cantassero ai contendenti, i quali, dopo averlo ascoltato, si abbracciarono. Francesco non chiese ai frati di esortare i contendenti a convertirsi o a non nutrire odio reciproco nei cuori; chiese semplicemente loro di cantare il Cantico di frate Sole al cospetto dei due. Sarebbe stato il Signore, al quale venivano rese le lodi e l’onore, a rendere umili i cuori di entrambi.
È nella lode di Dio, quindi, che l’uomo trova stimolo e forza per cambiare, per superare i propri limiti e divenire migliore. La lode di Dio, l’annuncio della sua legge di misericordia, sanno suscitare la conversione. Ciò induce a privilegiare un approccio inclusivo, ad abbracciare tutti, nella consapevolezza che solo nell’amore abita Amore; a dare amore perché esso solo è capace di suscitare amore. Nella prima Regola della fraternitas infatti era scritto: «E chiunque verrà da loro (dai frati), amico o avversario, ladro o brigante, sia ricevuto con bontà».
Il componimento venne infine ultimato al termine della vita di Francesco, quando con tutta probabilità si trovava nel palazzo del vescovo assisano. Dopo che, al suo capezzale, il medico gli ebbe rivelato le sue reali condizioni di salute, Francesco iniziò a lodare il Signore: «Ben venga sorella morte». Allo stesso modo, un compagno gli parlò con franchezza; anche in quel momento egli non mancò di lodare il Signore, quindi fece chiamare frate Leone e frate Angelo perché gli cantassero il Cantico di frate Sole e prima dell’ultima strofa inserì la lode di sorella morte.