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Dimorare nella parola

tratto da “Non sia turbato il vostro cuore – Meditazioni sul Vangelo di Giovanni” di Franco Mosconi

“Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui:

Questi Giudei hanno creduto a lui, ma ancora non credono in lui.
Si possono accettare le parole di Gesù su Dio senza accettare che lui stesso è Dio. Purtroppo oggi è ancora così.
È una fede incipiente che, se non fiorisce nell’adesio­ne alla sua Parola, abortisce nel suo contrario: lo voglio­no lapidare.

«Se rimanete fedeli alla mia parola,

«Se dimorate nella mia parola»: per aderire a Gesù non basta dar credito alla Parola bisogna dimorare in essa.
Le nostre insistenze sulla lectio qui vengono fuori, non le diciamo noi, è Gesù che lo dice.
Il discepolo ha come dimora la Parola del Figlio, è lui stesso la Parola che lo informa, che gli dà forma, che gli dà il potere di diventare quello che è, figlio di Dio.
In concreto, dimorare nella Parola significa osservar­la e «farla».
Si può ascoltare la Parola per manipolarla, oppure per esserne presi, trasformati.

sarete davvero miei discepoli;

Discepolo non è colui che conosce e dice la Parola, ma colui che la «fa» o, meglio, è fatto da essa, è fatto dalla Parola. «Non chi dice: Signore, Signore…».

conoscerete la verità

Avere quella familiarità che ci assimila a Gesù

Dimorare nella Parola significa avere con essa quella familiarità che ci assimila a Gesù, il Figlio. Ci fa progressi­vamente conoscere chi è lui e chi siamo noi.
La verità è conosciuta solo da chi la vive e nella misu­ra in cui la vive.

e la verità vi farà liberi».

È la verità del Figlio che ci fa liberi, perché ci dà la nostra identità di figli.
Gesù intende portare chi lo ascolta a dimorare nella sua Parola per diventare suo discepolo e, con questo co­noscere la verità, gli apre la sua vita autentica, nella liber­tà dei figli, di fratelli fra di noi.
«Conoscerete» e «libererà» sono al futuro e questo fu­turo è senza fine, concesso a chi dimora nella sua Parola. Il fine della Parola di verità è la libertà.
La verità, è ovvio, può essere insidiata anche dalla men­zogna. A volte la libertà è prigioniera dell’abitudine. La nostra volontà qualche volta è ostaggio dei suoi vizi.
Essere discepoli è un lento cammino di illuminazione e di liberazione della volontà, che viene proprio dal di­morare nella Parola.
«Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi», perché è costante il pericolo di ricadere nella schiavitù. Come per Israele uscito dall’Egitto, così anche per noi la libertà è minacciata dalle difficoltà, dalle prove del cammino.
Siamo sempre tentati di tornare indietro.

Gli risposero: «Noi siamo discendenza di Abramo

Abramo è nominato 11 volte in queste righe. È il pri­mo uomo che, a differenza di Adamo, ha creduto e ha dimorato nella Parola di Dio. Noi ci confrontiamo spesso con Abramo, perché è andato avanti con la Parola di Dio nel cuore. E il primo che ha dimorato nella Parola, è di­ventato suo figlio.
L’uomo è figlio di colui nella parola del quale ripone fiducia. Gli ascoltatori di Gesù presumono di essere libe­ri perché discendono da Abramo, però hanno l’esperien­za di Abramo? Non sono suoi figli perché non agiscono come lui.
Di fatto tutti siamo figli di Dio. I suoi veri figli sono però quelli che si comportano come tali.

e non siamo mai stati schiavi di nessuno.

I Giudei si ritengono interiormente liberi, perché di­scendenti di Abramo, eredi della promessa, ma la vera libertà non è possedere Abramo e le promesse, è essere come lui in comunione con il Figlio.
Il religioso facilmente pone fiducia nella propria ap­partenenza, nella propria osservanza, nella propria dot­trina, trascurando il suo rapporto personale con il Padre.
La persona pia e religiosa può stare nella casa del Pa­dre da schiavo e non da figlio, vederlo come un padrone e non come un Padre.
Pensate al fratello maggiore della parabola del figlio prodigo. E il prototipo delle persone perbene che poi giu­dicano gli altri.

“se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero.
So che siete stirpe di Abramo.

Sono discendenti, ma non figli, perché non sono simili a lui, perché vogliono uccidere il Figlio, alla cui vista Abra­mo esultò. Gesù cerca di mettere in luce queste contrad­dizioni.
«La mia parola non trova posto in voi». Il motivo per cui cercano di uccidere Gesù è perché la Parola del Figlio non trova spazio in loro e il loro cuore è occupato da un’al­tra parola.

Rimanere in lui

Prima di passare al secondo momento vorrei sottoli­neare questo senso del dimorare, perché è molto impor­tante.
Gesù dice anzitutto di rimanere nella sua Parola, che significa rimanere in lui, a contatto con la sua persona. Vivere il mistero di amore, di alleanza che Dio ha fatto con l’uomo, formando una sola cosa con lui.
Chi realizza questa condizione appartiene a Cristo, diventa davvero discepolo di Gesù.
E questo è il primo risultato che raggiunge colui che rimane nella Parola.
Capite perché gli antichi la imparavano a memoria?
Il vero discepolo non è solo colui che crede, ma so­prattutto colui che accoglie, penetra, vive la Parola di Gesù, dimorando in essa, lasciandosi ammaestrare inte­riormente dallo Spirito di Gesù.

La verità vi farà liberi

Il discepolo che rimane nella Parola di Gesù conosce la verità, questa genera in lui la libertà.
L’unione con Gesù nella penetrazione della sua Parola è ciò che caratterizza colui che pone la sua vita nella se­quela di Cristo.
Se per Gesù la verità è il messaggio che egli proclama all’uomo, il mistero della sua persona, che si svela nel piano salvifico di Dio, dal quale il credente deve lasciarsi guidare e con il quale deve instaurare una relazione vita­le, profonda, per i discepoli la verità deve diventare un nutrimento, ed essi devono impegnarsi ad assimilarla per acquistare il senso della verità, il senso di Cristo.

Allora i credenti diventeranno progressivamente figli della verità, discepoli di Cristo-Verità e come diceva san Gregorio Magno «strumenti della verità, anime tutte ri­splendenti della luce della verità».

Non sta a noi convertire, noi non convertiamo nessu­no, chi converte è il Signore, l’importante è che noi vivia­mo questa dimensione.

Per Giovanni non si nasce liberi, lo si diventa. La liber­tà è un processo, è un cammino che dura tutta la vita, è un modo di fare il bene con piena consapevolezza, come fu la vita di Cristo.

La libertà è un dono che la vita, come ogni dono vita­le, deve assumere e interiorizzare.

Gesù è la nostra nuova Torah, la sapienza incarnata, la verità che realmente trasforma l’uomo.

Questo è un tema che andrebbe ulteriormente svilup­pato, specialmente in questi nostri tempi.