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Pietro, mi ami?

da “L’altro, l’atteso. Omelia su Giov. 21” di Christian De Cherge

20 aprile 1980 -III domenica di Pasqua (5)
Testi: At 5,27-41; Ap 5,11- 14; Gv 21, 1-19

Pietro, mi ami?  Vorrei restare su questa domanda. E soffermarmi su due cose:

Pietro non cade in quella che sembra una trappola: quel più di costoro. Non risponde. È una trappola che tiene ancora nascosta ai suoi occhi una realtà propria del regno: il fatto che c’è più gioia per il peccatore4, per il ladrone che si pente, c’è più amore nel cuore della peccatrice perdonata. Anche il pastore che Gesù ha scelto, prima è stato una pecorella smarrita7 che lui ha dovuto riportare a riva.

Pietro fa fatica a rispondere. Gli dice: Ti voglio bene. Usa un’altra parola, come se, alla domanda del fidanzato, la fidanzata rispondesse: «Sei un amico, sei il mio migliore amico». Non si stringe un’alleanza di tal genere con un amico. Gesù è lo Sposo, si presenta in questo modo. Ma chi può stringere alleanza con lui? Ecco perché Gesù fa la domanda. Come si fa a rispondergli in verità? E cos’è questo amore che mi viene chiesto?

L’amore? Cerchiamolo nel vangelo. Il 21 marzo scorso abbiamo sentito il cardinal Duval proclamare: «Dalla prima all’ultima pagina, il vangelo sta tutto nell’amore». Convinzione, evidenza. D’altronde, ecco che oggi ci siamo, all’ultima pagina di Giovanni.

Qualche giorno prima, alcuni amici musulmani avevano affermato: «Dalla prima all’ultima lettera, il Corano sta tutto nell’amore». Che sorpresa! Viene spontaneo un sospetto. Apro il Corano. Certo, trovo spesso detto che Dio ama gli uomini e anche che l’uomo ama Dio. Il sostantivo mahabba (l’amore) è usato una volta sola, a proposito di Mosè. «Ho sparso su di te un amore che viene da me, affinché tu sia innalzato sotto i miei occhi» (Corano, Sura 20,39).

Poi ho ripreso in mano la concordanza dei vangeli e… che sorpresa! Il sostantivo agape si trova 117 volte nel Nuovo Testamento, ma nei vangeli solo 1O volte, 8 delle quali in Giovanni. Nei sinottici, non si dice mai che Gesù ama gli uomini con lo stesso verbo qui usato da Gesù. L’unico amato da Dio è Gesù. Andiamo avanti: anche in Giovanni, mai si dice che l’uomo ama Dio (fatta eccezione per l’umanità di Gesù). Soltanto, Gesù prega affinché il suo stesso amore sia donato agli uomini: Pietro, ho pregato per te. Rimanete nel mio amore. E ricorda loro il comandamento ricevuto da Mosè, che lui stesso, incarnandolo, ha trasfigurato: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi, cioè con lo stesso amore con cui io vi ho amati. Si capisce allora perché Pietro abbia avuto lo stesso mio riflesso: un amore così, non so neppure decifrarlo in me, non ce l’ho dentro come se fosse una cosa naturale!

La Regola di Benedetto ci rende un bel servizio: ci spiega perché le cose stiano così. Lo fa grazie a un vocabolario molto più preciso del nostro. Laddove noi parliamo solo di amore, in essa si fa uso di tre diversi sostantivi:

  • amor: l’amore per Dio e per Cristo al quale non bisogna preferire nulla;
  • caritas: l’amore fraterno, vicendevole, che dobbiamo a ogm uomo;
  • dilectio: l’amore che fa l’unità tra Dio e l’uomo, l’amore con cui Dio ci ama, poiché Dio ama chi dona con gioia. L’amore che ci fa amare anche i nemici e senza il quale non possiamo legarci ai fratelli. L’amore impossibile all’uomo.

La Volgata: Simon Joannis, diligis me? Mi ami con amore di predilezione? Stringi alleanza con me? (dilectio). Tu scis quia amo te! Tu sai che ti voglio bene (amor). E Gesù: che questo tuo amor unito alla caritas faccia di te, per grazia, un pastore diligente. E al monaco: che il tuo amore preferenziale per Dio, unito alla caritas per i fratelli, ti faccia correre sulla via dei comandamenti, nella dolcezza inenarrabile della dilectio (un monaco diligente). Questa dilezione ineffabile è dono dello Spirito Santo, sia in Pietro che in me. Senza lo Spirito Santo non posso rispondere alla domanda: Mi ami? E la risposta è ancora lo Spirito, che m’introduce nella missione di Cristo: poiché io vi amo, anche il Padre vi amerà… Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò.

Quando gli ho posto la domanda, l’amico musulmano mi ha detto: «Nel Corano, la parola amore c’è poche volte. È rara, come i diamanti. Eppure si parla solo di quello. I diamanti sono nascosti. Occorre cercarli. È una storia d’amore, ma è nascosta. Una volta trovato, il diamante trasfigura tutto ciò che c’è attorno».

La stessa chiave di lettura vale per il vangelo. E anche per ogni uomo, per me: «Dalla prima all’ultima ora della mia vita, non sono che amore»: ecco qual è la le­ zione di Gesù. Sono stato concepito nell’amore. E nell’amore sono stato generato nella Chiesa. E un giorno nascerò all’Amore che è Dio stesso. Christian, mi ami? Lo so, la domanda mi perseguita attraverso qualsiasi rinnegamento. Però posso dire di sì, ma a voce bassa, come un soffio, un soffio che non è il mio.

Sì, perché la domanda porta alla luce un primo diamante nascosto, quello della misericordia. L’anello che viene messo al dito del figlio prodigo.

Sì, perché la risposta non sarà mai soltanto mia: Tu conosci tutto…, c’è questo diamante nascosto il cui splendore è quello dell’amore di Dio stesso.

Sì, perché è una risposta fatta per essere compiuta con una missione, missione in cui, giorno dopo giorno, si rivelerà l’alleanza del cuore di Dio con un cuore umano: «Sii diligente!». Ognuno di quegli agnelli ha in sé un’eco della domanda e un riflesso della risposta.

Sì, perché la risposta definitiva sta più avanti di me: un altro ti metterà la cintura e ti porterà fino in fondo (cfr. Gv 21). Il diamante grezzo dev’essere tagliato, per l’amore più grande, quello della vita donata. Amen.